[21 Novembre 2010]
C’era una volta una lucciola. Essa era bellissima, la sua luce candida fendeva le tenebre e scacciava le ombre. Ciò nonostante era sola. Nessuno la voleva, forse proprio perché il suo splendore era oggetto d’invidia. Vagava e vagava per i boschi, apportando calore alle persone che la vedevano, ma non riuscendo a trovare chi di calore ne avrebbe fornito a lei.
Una notte d’estate, stanca per le continue delusioni, si gettò su una foglia, con lo sguardo al cielo. Si accorse che l’aria era popolata da un immenso numero di suoi simili: essi però rimanevano immobili o, comunque, quelli che si muovevano, viaggiavano a grande velocità, lasciandosi dietro una scia quasi magica. Fu allora che la lucciola si innamorò: si innamorò di quella più splendente di tutte. La più splendente del cielo e la più splendente della terra. Quando tornò a casa, quasi ubriaca d’amore, rivelò ai genitori ciò che era successo, indicando il cielo con uno sguardo perso: mai furono più dure le parole di parenti. “Sciocco! Quella è una stella, non una lucciola! Non potrai mai raggiungerla. Sfera celeste e sfera terrestre sono due cose totalmente separate!”. La piccola lucciola scappò via piangendo. Stava così male che non riusci neanche ad inveire contro la madre ed il padre. La “stella” come loro la chiamavano, muoveva il suo cuore, lei la amava. Vagò per valli e campi fino a quando non si decise a raggiungerla, per dimostrare la falsità di quella dura sentenza. Volò, volò, volò… andò ancora più in alto. Sentiva che il suo respiro veniva man mano a mancare, fino a quando, inebriata dal freddo e dalla stanchezza, smise di battere le ali. Proprio in quel momento il cielo si illuminò per la nascita di un nuovo astro. La morte materiale sancì, tramite l’amore platonico, la metamorfosi dell’anima della lucciola, trasformandola in una stella vicina a quella che lei amava. Fu così che il sentimento oltrepassò la ragione.
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