[3 Ottobre 2010]
Non può piovere per sempre. La pioggia mi mette sempre di cattivo umore. La sua caduca vita mi fa venire in mente quella indiscutibile dell'uomo. Per l'uomo la vita delle stelle è interminabile, forse per la pioggia la vita dell'uomo è immensa. Questa relatività mi fa tuttavia pensare a quelle mie care stelle che, in un battito d'ali, si sono spente per sempre. Una goccia d'acqua volteggia felice nell'aria, appena prima di intraprendere una caduta che, in un attimo, le farà assaggiare il duro suolo della morte.
Vorrei che non smettesse mai di piovere. La pioggia mi mette sempre di buon umore. La sua vita ciclica mi fa venire in mente quella probabile dell'uomo. Per la pioggia la vita dell'uomo è breve, forse per l'uomo la vita delle stelle è infinitesimale. Questa relatività mi fa tuttavia pensare a quei miei cari che, in un battito di ciglia, si sono risvegliati in un altro luogo momentaneamente. Una goccia d'acqua cade triste al suolo, appena prima di intraprendere un viaggio che, eternamente, le farà assaggiare le varie gustose forme della rinascita.
L'idea di “Allegra Pioggia Triste” mi venne durante una ricreazione domenicale. Forse, ancora assonnato per il lento risveglio, sia mentale che corporeo, durante quell'ora mattutina, che mi separava dallo studio obbligatorio, fui colto da uno spasmodico lampo onirico. Automaticamente, nel senso più proprio del termine, mi misi a scrivere mentre i miei colleghi si recavano alla funzione religiosa. Non so bene chi avesse mosso la mia mano, ma il primo paragrafo, dopo 5 minuti, si era delineato dietro ad uno statino del corso. Volendo imprimere al testo un senso di specularità e di relatività, impiegai un'altra decina di minuti a stendere la seconda parte. Subito dopo, eccitato per essere riuscito ad esprimere una parte di me così tanto travagliata e lacerata da dubbi, lo pubblicai su internet per condividerlo con i miei amici oramai “abbonati” ai miei scritti.
La frase iniziale “Non può piovere per sempre”, riecheggiante una citazione dal film “The Crow”, emana questa mia semipositività contro una vita che spesso è maligna, tanto che l'incombere del negativo è pioggia che mette di “cattivo umore”. Semipositività perché il suo moto gravitativo richiama in me la consapevolezza della finitezza dell'uomo nel tempo, al filo “indiscutibile” su cui l'uomo viene condotto. Ma se un uomo che guarda la volta stellata la contempla nella sua incorruttibilità, una goccia d'acqua personificata, durante la sua breve caduta, guarda l'uomo come se fosse un dio. Questa relatività del soggetto che fa esperienza di qualcosa di diverso da lui, rimanda ai miei cari, splendenti come stelle (si ricordi che nella mitologia classica, i grandi eroi, dopo la loro morte, davano spesso vita alle costellazioni). Come ben sappiamo, però, anche le stelle vanno incontro ad una fine ed ecco che esse si spengono in “un battito d'ali”, non lasciando nulla a chi rimane vivo a piangere per loro, se non il loro dolce e caro ricordo. Dunque l'uomo deve prendere coscienza di se stesso, essendo sì allegro di volteggiare nell'aria, ma anche consapevole che la morte è dietro l'angolo. Ogni giorno che passa è un passo verso la morte e come in un download la vita si scarica fino ad arrivare al 100%, dove la morte chiude la finestra. Imparare a vivere è anche imparare a morire, l'ultima volta che chiuderemo gli occhi sarà semplicemente un lungo riposo dalla frenetica vita.
Prima ho parlato di dubbi che mi assalgono. Bene. La seconda parte del testo tratta di questa completa sospensione dell'uomo nel mondo dell'incertezza. Se prima la pioggia era causa di male di vivere, ora la pioggia risplende più che mai, suscitando in me il tema del meraviglioso, del sublime. E' impressionante come una cosa così naturale, spesso simbolo di tristezza e malinconia, possa farmi scaturire un dolce terrore per la vita. In accordo con il concetto probabilistico delle cose, forse l'uomo non è destinato ad una morte totale, bensì potrebbe avvenire una reincarnazione. D'altronde chi ci dice che la nostra morte non riguardi esclusivamente la sfera materiale? Certo, la natura giova della nostra morte, come i leoni che si possono sfamare delle nostre carni, ma chi ci assicura che non ci sia una vita dopo la morte? Non nego assolutamente la probabilità di una vita spirituale nell'al di là, come tante religioni professano, ma è necessario prendere in considerazione anche l'eventuale reincarnazione, non per forza in un altro essere umano. E' così che la visione della relatività viene ribaltata in un mondo di parvenze: l'acqua, che rimane tale se non subisce variazioni chimiche,con i suoi continui cicli, sembra presentare un'esistenza più longeva di quella dell'uomo che, a sua volta, pare avere vita più lunga delle stelle stesse. Però l'equazione einsteiniana sulla biunivocità materia-energia, ha distrutto pressoché tutto, perché materia è energia ed energia è materia. Il vuoto non esiste più, è un semplice pullulare di particelle virtuali.
A mio modesto parere queste righe sono completamente inutili perché chi mi assicura che esista una reale strada da intraprendere o che non ne abbia tralasciata una, forse addirittura quella veritiera. Non lo saprò mai, ma ciò che è importante per me è l'istante, ciò che si prova e si pensa in ogni singolo infinitesimo momento della mia vita. Sono quasi sicuro che essi rappresentino una vita a sé stante, ma non posso dirlo con certezza. D'altronde sono in continua evoluzione, mutazione, trasformazione, divenire, cambio sempre ciò che sono. Si altera ciò che sembro perché indosso ripetutamente diverse maschere e probabilmente anche la mia essenza varia. Detto ciò ritengo che, dopo aver preso consapevolezza di noi stessi, non ci sia niente di più dolce di farsi trascinare dalla vita, rimanendo sempre potenza, non diventando mai totalmente atto, lasciandosi trasportare dalle onde, come se fossimo un battello ebbro.

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