[8 Marzo 2011]
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| "Bacco", Jacopo Sansovino |
Se lor signori lo consentono, vorrei narrare di come la dura ametista prese forma in quel dì di Febbraio altro che normale, ove la neve candida iniziava a sfollare gli inerpicati villaggi.
Ametista era di Giove il maraviglioso frutto da tutti ambito, dei e mortali. I suoi capelli apollinei risplendean nell'aere, accarezzando li fianchi sua e nascondendo gli stupendi orecchini a primula d'ottone e oro; i suoi occhi nettunei facean perdere tra le spumeggianti onde dell'immenso coloro che, zucchificati da cotanta bellezza, vi si addentravano; la bocca sua sensuale e carnosa, come il bacio di Venere, dolci e soffici fiocchi che sfioravano le labbra.
Ahi, sciagurata ragazza!
Che tranello ti tese 'l fratello tuo, quell'infausto giorno vespertino!
Proprio quando gli alberi incominciavano ad abbandonare le loro vesti da sposa, per indossare manti floreali da riproduzione (primo fra tutti il selvatico pruno), non contento del caduco amore, Cupido scagliò l'infatuante dardo verso il dio dei vizi senza il suo beneplacito.
Intento a brindare con un calice a violetta al suo acquario nuovo a circolo quadrato, in cui nuotava sinuosa la costellazione dei pesci, Bacco fu sorpreso dall'indesiderato commensale, venendo penetrato nel costato dalla freccia maledetta.
Egli, alzando il guardo, scorse per prima la favolosa ninfa: fu subito per lui di conchiglia la perla.
Avulsosi dal marasmatico baccanale, si fece contro all'imperitura amata, ottemperando all'ottenebrato sentimento.
Ineluttabilmente ella provò per lui una certa ritrosia: vereconda qual era, s'intirizzì di fronte a cotale lascivia. Tentò in tutti i modi di entrare nella sua conchiglia striata, un giorno con la melodiosa cetra, un altro con dei galvanizzanti versi, ma venne sempre allontanato dalla sua nobile eleganza perentoria.
Iattura fu per te, o Ametista, ch'egli fosse talmente obnubilato dai moti fumosi del cuore, che, avendo a sé il perpetuo tempo fluttuante, si inoltrasse in una cernita per te d'etterno dolore: mimesi. Egli, informato da un accurato delatore, si trasformò in sibillino anacoreta, emulando ciò che la tua psiche bramava nel più profondo.
Inoltratosi nella tua sanguigna stanza danzante, credesti di conoscerlo da sempre. Non sapevi ch'egli era tale perché idea del tuo fantasioso iperuranio: n'era altro se non putativo spettro.
La sera stessa, quella del decapitato Santo, v'incontraste sotto 'l cielo: la volta stellata sopra di voi, l'amore dentro di voi. Tosto, fu un bacio però a tradirlo, mettendo luce sull'oscuro raggiro: le vostre labbra eran come divise da un bianco lenzuolo. Per fortuna tua, o forse per sfortuna tua, scopristi pressoché fulmineamente il vile inganno.
Epuratolo dal tuo cuore, scappasti più forte che potesti e, senza aver più fiato per querimonie o anatemi, ti gettasti contrita nel fitto di una selva. Bacco, ubriaco d'amore, cominciò a seguirti, portando alacremente avanti le tue ricerche, anche quando le tracce fangose n’eran divenute che evanescenti. Piangente, la protettrice del tuo fiore incolto ti trovò affacciata alla Luna. Diana ti promise, come emolumento per il patto rispettato, una vitrea teca: accettasti, ma a malincuore, il tuo destino.
Il dio del vino, trovotti omai cristallizzata. Reminiscenza del tuo ancestrale splendore, in diafano minerale ti eri mutata. Adirato per l'amor suo rifiutato, ti scagliò contro il suo calice a violetta, colmo di linfa vitale. Essa ti donò un color violaceo quale macchia di disappunto, ma al tempo stesso ti permise di divenir panacea contro quel liquido ebbro da lui amato.
Febbraio, or ti poni quale mesto testimone d'una vicenda conclusasi in tragedia, proprio quando la natura incominciava a rivivere ed a trasformarsi.
Io, quale mero strumento da fiato, non trovo aprosdoketon atto a conciliare questa sensazione di felice tristezza, dove il Fato è un coccodrillo divoratore che porta morte, ma anche vitalità.
Di fronte alla Sorte, il tutto è inerme.
Ametista era di Giove il maraviglioso frutto da tutti ambito, dei e mortali. I suoi capelli apollinei risplendean nell'aere, accarezzando li fianchi sua e nascondendo gli stupendi orecchini a primula d'ottone e oro; i suoi occhi nettunei facean perdere tra le spumeggianti onde dell'immenso coloro che, zucchificati da cotanta bellezza, vi si addentravano; la bocca sua sensuale e carnosa, come il bacio di Venere, dolci e soffici fiocchi che sfioravano le labbra.
Ahi, sciagurata ragazza!
Che tranello ti tese 'l fratello tuo, quell'infausto giorno vespertino!
Proprio quando gli alberi incominciavano ad abbandonare le loro vesti da sposa, per indossare manti floreali da riproduzione (primo fra tutti il selvatico pruno), non contento del caduco amore, Cupido scagliò l'infatuante dardo verso il dio dei vizi senza il suo beneplacito.
Intento a brindare con un calice a violetta al suo acquario nuovo a circolo quadrato, in cui nuotava sinuosa la costellazione dei pesci, Bacco fu sorpreso dall'indesiderato commensale, venendo penetrato nel costato dalla freccia maledetta.
Egli, alzando il guardo, scorse per prima la favolosa ninfa: fu subito per lui di conchiglia la perla.
Avulsosi dal marasmatico baccanale, si fece contro all'imperitura amata, ottemperando all'ottenebrato sentimento.
Ineluttabilmente ella provò per lui una certa ritrosia: vereconda qual era, s'intirizzì di fronte a cotale lascivia. Tentò in tutti i modi di entrare nella sua conchiglia striata, un giorno con la melodiosa cetra, un altro con dei galvanizzanti versi, ma venne sempre allontanato dalla sua nobile eleganza perentoria.
Iattura fu per te, o Ametista, ch'egli fosse talmente obnubilato dai moti fumosi del cuore, che, avendo a sé il perpetuo tempo fluttuante, si inoltrasse in una cernita per te d'etterno dolore: mimesi. Egli, informato da un accurato delatore, si trasformò in sibillino anacoreta, emulando ciò che la tua psiche bramava nel più profondo.
Inoltratosi nella tua sanguigna stanza danzante, credesti di conoscerlo da sempre. Non sapevi ch'egli era tale perché idea del tuo fantasioso iperuranio: n'era altro se non putativo spettro.
La sera stessa, quella del decapitato Santo, v'incontraste sotto 'l cielo: la volta stellata sopra di voi, l'amore dentro di voi. Tosto, fu un bacio però a tradirlo, mettendo luce sull'oscuro raggiro: le vostre labbra eran come divise da un bianco lenzuolo. Per fortuna tua, o forse per sfortuna tua, scopristi pressoché fulmineamente il vile inganno.
Epuratolo dal tuo cuore, scappasti più forte che potesti e, senza aver più fiato per querimonie o anatemi, ti gettasti contrita nel fitto di una selva. Bacco, ubriaco d'amore, cominciò a seguirti, portando alacremente avanti le tue ricerche, anche quando le tracce fangose n’eran divenute che evanescenti. Piangente, la protettrice del tuo fiore incolto ti trovò affacciata alla Luna. Diana ti promise, come emolumento per il patto rispettato, una vitrea teca: accettasti, ma a malincuore, il tuo destino.
Il dio del vino, trovotti omai cristallizzata. Reminiscenza del tuo ancestrale splendore, in diafano minerale ti eri mutata. Adirato per l'amor suo rifiutato, ti scagliò contro il suo calice a violetta, colmo di linfa vitale. Essa ti donò un color violaceo quale macchia di disappunto, ma al tempo stesso ti permise di divenir panacea contro quel liquido ebbro da lui amato.
Febbraio, or ti poni quale mesto testimone d'una vicenda conclusasi in tragedia, proprio quando la natura incominciava a rivivere ed a trasformarsi.
Io, quale mero strumento da fiato, non trovo aprosdoketon atto a conciliare questa sensazione di felice tristezza, dove il Fato è un coccodrillo divoratore che porta morte, ma anche vitalità.
Di fronte alla Sorte, il tutto è inerme.
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