martedì 6 marzo 2012

Dea dell'Indifferenza

[5 Luglio 2011]


"Venus Verticordia", Dante Rossetti
Trascorreva l'anno 100 a.C., anno in cui raccolsi, con entusiasmo, aurei frutti costatimi costanti sacrifici. Ciononostante, quello fu anche l'anno in cui l'anatema, che gli Dei irati mi avevano scagliato in precedenza, si manifestò prepotentemente, annegandomi in una diplopia ossimorica: in poesia pazzo sentimentale, nella vita quotidiana bestia passionale.
Dannato, vagai errante tra le montagne, in esilio forzato da ciò che amavo. Avvolto dai canti dei grilli, mi pervadeva un senso di vuoto orrendo ad ogni passo: il guardarmi alle spalle comportava una pugnalata del passato, una carezza della memoria.
Purtroppo anche la natura mi era avversa. Scorgevo il tuo sorriso, impresso sui volti dei gatti selvatici; se mi immergevo nell'acqua, mi sembrava di tuffarmi nei tuoi occhi; nelle notti di Luna piena, sentivo la tua candida pelle sulla mia; quando mangiavo frutti di bosco, riassaporavo il tuo dolce bacio.
Dopo mesi di peregrinaggio, giunsi in prossimità del tempio a te consacrato. Ero già rassegnato. Prima d'allora, la mia voce era stata vento, vento che fuoriusciva dalla mia bocca e si perdeva incontrando artificiali ostacoli che si presentavano sul suo percorso. Sperai che tu, o Dea, rispondessi alle mie umane richieste. Ogni aspettativa era vana. Lei mi guardò dall'alto dell'Olimpo; io alzai lo sguardo ma vidi solidi nembi dietro i quali si celava.

Sconsolato, ricordai la prima volta che la incontrai: mi meravigliai di non aver scoperto la sua compagnia prima. Mi sovvenne anche il ricordo di quando la persi. Disperato mi gettai tra le braccia di una mortale.
Incurante ed arrabbiato per la sua apatia, mi rivolsi con queste fumanti parole: "la tua è sempre stata sublime indifferenza che decretava la sorte di chi ti cercava. Non sei mai apparsa per prendere le mie parti, per rendermi partecipe di ciò che provavi, né per regalarmi un semplice consiglio. Nonostante io non sappia se il mio muto grido arriverà alle tue sorde orecchie, ti scongiuro. Salvami da questo baratro di follia, mostrami il mondo come se fosse un sogno. La realtà l'ho vista: non è altro che latrina fatiscente.".

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