lunedì 2 aprile 2012

Articolo sul Giornalino della Douhet diretto dall'Espero [senza censure]

[18 Dicembre 2011]


Sono già volati i tre anni in cui i fili di 41 ragazzini si intrecciarono. Di estrazione sociale differente, provenivano da tutta Italia. Non appena incorporati, però, diventarono tutti uguali: sedicenni rasati in divisa. Ancora non sapevano bene che il loro cuore era unico, ma con il passare del tempo compresero che, insieme, costituivano una forza maggiore della somma delle singole parti. Soffrirono, si impegnarono, sacrificarono, ottennero, risero, piansero: tutto ciò assieme. Essi affrontarono ogni difficoltà a testa alta, come solo i corsi Pari sanno fare. Ottenuto un gagliardetto, un motto e, cosa più fondamentale, un nome, la loro vita intrise le mura della scuola. Questo era ancora il tempo di ciò che gli allievi battezzarono “Ancien Régime”, un tempo in cui si poteva ancora sperare di istituire delle tradizioni. Questa non è una storia, bensì un breve sunto degli avvenimenti che si sono realmente succeduti durante il primo anno degli Allievi del Corso Crono.
Io sono un allievo del Corso Crono e, con altri miei 31 paricorso, portai a termine il mio impegno nel 2011. Ogni persona che incontro, quando viene a conoscenza del mio “soggiorno” da militare, mi pone sempre la solita domanda: “se tu potessi tornare indietro nel tempo, decideresti comunque di intraprendere questa strada?”. Con fermezza, rispondo “sì”, ma la gente cosa realmente si cela dietro a tale risposta. Nessuno sa del mio ripescaggio quando l’incorporamento era già iniziato da una settimana; nessuno sa che al primo anno ero il “paraculo” per eccellenza (tanto che fui addirittura premiato alla Recita di Natale del Bora; nessuno sa quanto ho sofferto al secondo anno perché non eravamo “né carne né pesce” (tanto per citare l’allora Ten. De Nitto) e non eravamo riuscire a scolpire il nostro nome su quel maledetto trofeo dei Ludi; nessuno sa che, quando noi parlavamo di “goliardia”, la gente sosteneva che l’Astro ci avesse seviziati in qualche modo (asserzione completamente falsa in quanto il Corso Astro, nonostante fosse il corso dei nostri Anziani, ha sempre agito per farci comprendere le cose con azioni mirate e moderate) e che ci avessero educati male, facendo di noi una loro “fotografia” (cosa di cui io ne vado totalmente fiero); nessuno sa che al terzo anno ero il quarto del Corso, che ero caposcelto al Dardo, che ho pianto durante il video presentato al Mak π 100 con le foto del mio Corso, che il giorno dell’orale ero talmente triste che le lacrime neanche uscivano: si erano come cristallizzate, per non trascinare via dai miei occhi le ultime immagini della Douhet.
Solitamente quando arriva l’estate tutti gli studenti diventano euforici, chi per il fatto di non vedere per un po’ di tempo la propria scuola, chi perché sta per iniziare una nuova vita da universitario. Eppure io non sono riuscito ad affrontare questa estate molto serenamente; neanche quando il Cap. Di Gregorio mi chiamò per congratularsi del mio 100 all’esame il mio morale si risollevò. Ho dovuto convivere con un senso acuto di malinconia, dovuto a quel pezzo di cuore mancante, e di tensione, perché il mio tirocinio all’Accademia Aeronautica si sarebbe svolto a metà Settembre. Ben prima di arrivare agli sgoccioli dell’ultima fase concorsuale, mi preparai a dovere e questo periodo alquanto buio terminò con la mia caduta in un baratro: “lei non è idoneo”. A quel punto non sapevo come reagire a quell’ulteriore tiro mancino della Sorte. Mi ero auto-deluso ed auto-illuso, perché, oramai alla prova finale, mi sentivo quasi con un piede oltre il traguardo. Avevo abbandonato il mio migliore amico, fratello, ad affrontare da solo il primo anno di Accademia. Ero fuoco sotto l’oceano.
Piano piano iniziai a riemergere, dapprima scegliendo il corso di Chimica Pura e poi conoscendo persone che si trovavano nella mia stessa situazione: marziani sul pianeta Terra. Ancora adesso però continuano a riaffiorare i ricordi dei bei tempi. Non belli perché eravamo a scuola, bensì perché eravamo 24h su 24 insieme, ci divertivamo a modo nostro, ci facevano soffrire a modo loro.
Cosa ne farò della mia vita? Non credo che il prossimo anno continuerò il corso che ho appena iniziato, seppur sia una cosa che assolutamente mi piace, ma penso di voler riprovare il concorso per l’Accademia, perché io, come altri miei paricorso, ho ancora un conto in sospeso che spero di poter chiudere.

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